LA   CARITAS  PARROCCHIALE
 
 
 
 
La Traduzione di un principio
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Immaginare oggi una Chiesa fraterna significa dunque coniugare strettamente liturgia, catechesi e carità dentro un cammino di comunione e di condivisione. La proposta della Caritas parrocchiale, che qui andiamo a sviluppare, ha senso dolo se vitalmente e intelligentemente collocata in una vita comunitaria sempre nuova in forza della perenne giovinezza del Vangelo. In questa parte del testo il linguaggio si farà inevitabilmente più pratico e in qualche caso potrà apparire eccessivamente tecnico; d'altra parte la proposta di alcuni passaggi e adempimenti concreti è finalizzata alla traduzione pastorale dela riflessione fin qui sviluppata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Per una responsabilità Comunitaria
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La pastorale della carità, al momento di proporsi come servizio alla crescita della comunità, non può oggi non tenere conto di atteggiamenti che qui proviamo ad elencare, quasi tracciando i criteri sottostanti alle azioni da impostare: 
*  puntare a uno stile di prossimità che privilegia la relazione umana, la compagnia, la presa in carico, l'empatia la condivisione come traduzione della legge dell'incarnazione: il Dio in cui crediamo, che è in sé relazione trinitaria, ci raggiunge attraverso relazioni che ce ne rivelano l'amore; ne 
consegue l'esigenza di dare attenzione alla persona come soggetto e fine di ogni intervento: ogni persona è mistero, ogni vita è dono e tutti siamo affidati gli uni agli altri; 
* sostenere la cura delle relazioni familiari, amicali, di buon vicinato, di appartenenza sociale e culturale perché la per sona sia aiutata nella presa di coscienza attiva della propria identità e ricchezza e sia messa in grado di stabilire relazio ni costruttive, dialogiche, armoniose; 
*  promuovere partecipazione al momento di studiare e deci dere iniziative educative, culturali, formative, informative, ricreative attraverso un' attenta e rispettosa consultazione di soggetti/destinatari e uno stile di coinvolgimento delle per sone e delle agenzie del territorio; lo stile è quello di pensa re, definire e verificare progetti comuni adeguati, rispettosi delle varie peculiarità, diversità e pluralità; 
* favorire nella comunità l'esperienza della partecipazione e della corresponsabilità, educando a una sussidiarietà diffusa negli stili e nei comportamenti; far sì che partecipare signi fichi effettivamente «sentirsi parte», giocare ciascuno il proprio ruolo con libertà e responsabilità; 
*  aiutare la comunità parrocchiale a ricomprendersi quale soggetto di cittadinanza territoriale che si confronta «in re te» con i diversi soggetti della società civile intorno alla co struzione – ciascuno per la propria parte di responsabilità e competenze – di risposte alle istanze comunitarie. I cristiani diventano così ricostruttori sociali di «legami forti» di  patti tra cittadini, ricollocando al centro i più  deboli, superando pietismi e assistenzialismi e puntano decisamente all'auto promozione, al protagonismo responsabile. In tale prospet tiva molte attenzioni e impegni, a partire dal volontariato, diventano risorsa che valorizza il «capitale umano» che ogni persona è; 
* allargare l'attenzione e gli interessi della comunità e dei singoli oltre immediato, verso gli «orizzonti del Regno»; ciò significa rispetto delle persone e maturazione profonda del senso della vita e del valore della pace. In concreto: azione politica e sociale mossa dalla passione per la giustizia; stili di vita personali e familiari improntati ad accoglienza, sobrietà ed essenzialità; attenzione all'ambiente come impegno pedagogico e fattivo di salvaguardia e di armonia col creato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La carità ci rende Chiesa
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il soggetto di una pastorale della carità continuamente sostenuta e verificata dal Vangelo è la comunità cristiana, nella forma comunemente diffusa della comunità parrocchiale. In essa i poveri non sono solo destinatari ma essi stessi membri attivi della comunità. «L'evangelizzazione e la testimonianza della carità esigo- no oggi, come primo passo da compiere, la crescita di una comunità cristiana che manifesti in se stessa, con la vita e le opere, il vangelo della carità» (ETC n. 26). Ciascuno, secondo il proprio ministero e il dono dello Spirito ricevuto, è partecipe e corresponsabile dell'edificazione e della vita della comunità ecclesiale nell'unico amore del Cristo: laici (come singoli e come famiglie), presbiteri, diaconi, religiosi e religiose. Vivere intensamente la comunione ecclesiale è condizione indispensabile per la vocazione di ciascuno e per la presenza missionaria, nel territorio, della comunità parrocchiale. 
È necessario riflettere, condividere e agire per una comunità parrocchiale che sia luogo, esperienza e strumento di comunione per tutti i credenti e perché si rafforzino lo scambio e la complementarità di tutti i membri del popolo di Dio. Non si tratta di serrare le fila di fronte al mondo e ai suoi problemi, ma di vivere il testamento di Gesù oggi, perché il mondo creda: «Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). 
La Chiesa che nasce dalla carità di Dio è chiamata ad essere carità nel quotidiano, nella vita e nei rapporti reciproci fra tutti i suoi membri perché «solo una chiesa comunione può essere soggetto credibile dell'evangelizzazione» (ETC n. 27). I credenti trovano nella comunità parrocchiale il luogo per accogliere e vivere il testamento di Gesù con l'assiduo ascolto dell'insegnamento degli apostoli e con l'unione fraterna, con la frazione del pane e la preghiera (cf. At 2,42).
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Una parrocchia in cui i poveri "contano"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio...» (Le 4,18). Come Cristo ha rivelato al mondo il volto di Dio, Padre accogliente e misericordioso verso tutti i suoi figli, così la nostra ispirazione e azione parte dai poveri, perché ad essi per primi è destinato il lieto annuncio di salvezza. «Per tutta la comunità cristiana e in particolare per la Caritas – organismo pastorale della comunità parrocchiale – partire dai poveri non è scelta escludente perché di parte, né impegno di pochi, ma fedeltà al progetto di Dio ed esigenza di radicalità originata dal battesimo, oltre che dovere di coerenza tra professione di fede e stile di vita» (Carta pastorale, n. 1). La stessa comunità parrocchiale che annuncia la Parola e celebra i sacramenti è chiamata a vivere nell'amore come famiglia dell'unico Padre, assumendone la stessa sollecitudine paterna per chi è o si sente perduto, privo di mezzi o di ragioni per vivere e sperare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Servizi-segno e volontariato
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«La testimonianza della carità va pensata in grande e articolata nelle sue molteplici e correlate dimensioni» (ETC n. 37). «Senza questa solidarietà concreta, senza attenzione perseverante ai bisogni spirituali e materiali dei fratelli, non c'è vera e piena fede in Cristo» (ETC n. 39). Sotto la spinta dei bi sogni emergenti cresce la richiesta di interventi e servizi. I servizi-segno non sono la soluzione ai numerosi problemi di povertà ed esclusione sociale; indicano alla comunità ecclesiale e a quella civile il dovere della presa in carico dei soggetti più deboli (inclusa la responsabilità delle istituzioni); una corretta e partecipata impostazione mette un sempre maggior numero di persone a contatto e in relazione con i poveri. La funzione pedagogica della Caritas   (cf. nn. 36-37) non si risolve in un'azione puramente teorica, ma nella pratica coerente e credibile del servizio. La raccomandazione che non sia la Caritas parrocchiale (o al suo livello quella diocesana) ad assumere l'onere diretto della gestione è per evitare un assorbimento tale da limitare molte altre possibilità di azione educativa verso l'intera comunità, o l'individuazione di altre povertà emergenti che chiedono ulteriori ambiti di impegno. Vale qui la pena di richiamare un quadro generale già tracciato: «una pluralità di strumenti operativi si è andata affermando nel lavoro delle Caritas, in particolare i Centri di ascolto, gli Osservatori permanenti dei bisogni e delle povertà, le Cooperative di solidarietà sociale, i Centri e le Comunità di accoglienza e altri ancora... Questa capacità di passare dal fare-per al fare-con va resa più visibile nella quotidianità dell'impegno della Caritas parrocchiale: il suo specifico sta nel rendere i poveri amici e familiari, come segno dell'amore di Dio» (Carta pastorale, n. 39). 
In un certo numero di comunità parrocchiali c'è una buona presenza di associazioni, movimenti e gruppi di volontariato attenti al variegato mondo dei bisogni materiali, di relazione e di senso; può trattarsi di realtà tradizionali o innovative, formalmente costituite o informali, legate al territorio o collegate a centri nazionali. «Queste energie di volontariato, molteplici e generose anche se non sempre costanti e profondamente motivate, potranno consolidarsi attraverso un mutuo cammino di fede...» (ETC n. 48). Sono presenze di servizio che, dentro i rigagnoli della storia e al cospetto dei molti volti delle povertà e del disagio contribuiscono a rendere la comunità parrocchiale soggetto di pastorale della carità, strumenti concreti per far Normal;sentire i poveri parte dell'unica famiglia di Dio e titolari dei diritti di cittadinanza. I servizi-segno e i gruppi di volontariato, già esistenti ò da promuovere e talvolta preesistenti alla stessa Caritas, diventano per l'intera comunità occasioni di crescita e coinvolgimento di fronte alle vecchie e nuove povertà. La Caritas parrocchiale, lungi dal porsi in concorrenza, ha il compito di valorizzare, armonizzare, aiutare a crescere in termini operativi e soprattutto pastorali e spirituali, mostrare a un sempre più ampio numero di parrocchiani possibilità di impegnarsi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La Caritas in parrocchia: tappe di un cammino
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Se quello che fin qui abbiamo detto ha un senso, la Caritas parrocchiale non può essere un'opzione facoltativa e la sua costituzione in ogni comunità, pur tenendo conto e adattandosi alle più diversificate situazioni, fa parte integrante del- l'identità e della testimonianza della Chiesa. 
Tuttavia, per farla nascere, a volte è necessario creare le condizioni favorevoli, che in sostanza vanno ricondotte ad una corretta concezione di comunità ecclesiale come comunione di fede, di preghiera e d'impegno caritativo, animata dai molti ministeri e doni dello Spirito di cui fa sintesi con la sua presidenza di ministro ordinato il parroco, che rappresenta il vescovo. 
Può essere necessario ripartire dalla parola di Dio sulla Chiesa, come fondamento di specifiche proposte ed esperienze comunitarie che traducano in fatti e gesti ciò che la Parola ha suggerito. Si richiede, in questo senso, che il parroco (con gli eventuali preti coadiutori) sia il primo ad assumere, fino in fondo, il compito della costituzione della Caritas per la vita della comunità a lui affidata e la senta parte integrante del suo servizio pastorale. 
Il secondo passo può essere differenziato a seconda che nella parrocchia esista il Consiglio pastorale oppure no. Se non c'è ancora il Consiglio pastorale, il parroco individua un piccolo gruppo iniziale, anche due o tre persone, a cui fa la proposta di costituire la Caritas e con loro dà vita ad un primo cammino informativo e formativo sulla carità (stile di vita, testimonianza e sevizio) e sulla Caritas (dimensione ecclesiale, identità e compiti). Sviluppando rapporti di collaborazione con i catechisti e gli animatori della liturgia, si potrà avviare un itinerario di animazione graduale, in prospettiva rivolto alla parrocchia intera. 
Se invece esiste il Consiglio pastorale, è bene che la necessità e l'importanza della Caritas emergano dal suo interno, così che lo stesso Consiglio se ne faccia carico e sotto la presidenza del Parroco, individuate le persone adatte e disponibili, si dia origine alla Caritas parrocchiale. Il cammino iniziale sarà analogo a quello proposto nel caso precedente. In entrambi i casi, far parte della Caritas parrocchiale non potrà mai essere né un'onorificenza né una delega, ma una responsabilizzazione per la crescita della comunità di cui si è parte attiva.Ma esistono anche situazioni in cui il parroco, per vari motivi, può non mostrare propensione per l'azione della Cari tas in parrocchia (talvolta pur in presenza di laici disponibili). Tenendo conto della delicatezza del caso, occorre fare alcune considerazioni: il compito di presidenza del parroco per quanto attiene la catechesi, la liturgia e la carità è, indiscutibile, fa parte essenziale del suo ministero pastorale; i fedeli laici in nome del battesimo, e non per delega, testimoniano la loro fede e condi vidono la missione della Chiesa; infine la costituzione della Caritas deve favorire, per sua natura e logica interna, un'espe rienza di carità e di comunione. A partire da queste premesse la soluzione passa attraverso la disponibilità a un profondo ripen samento comunitario, e provvisoriamente può realizzarsi la partecipazione dei laici disponibili alla Caritas zonale o vica riale (ove esista), in modo da fare un cammino insieme con animatori di altre comunità; come pure l'attività in gruppi di volontariato potrà orientare non solo al servizio diretto al pros simo, ma anche alla diffusione di proposte d'impegno ad altri membri della comunità.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Caritas parrocchiale: natura e identità
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Normal;Non bisogna nascondersi che a trent'anni dalla costi tuzione della Caritas Italiana da parte di Paolo VI, (1971) la corretta spiegazione e comprensione di che cosa sia questo organismo ecclesiale ai vari livelli (nazionale, diocesano e parrocchiale) è ancora impresa non sempre facile. Persiste l'idea di un gruppo o super-gruppo caritativo, in concorrenza o sostituzione rispetto a gruppi, associazioni e servizi operativi esistenti sul territorio, con mire egemoniche, deputato a distribuire aiuti e organizzare risposte a ogni sorta di problemi personali e sociali, con potere e mezzi pressoché illimitati. A causa di queste idee parziali o distorte (in qualche caso alimentate dalla prassi non lineare di qualche Caritas diocesana o parrocchiale) ci si aspetta o si pretende che la Caritas intervenga e risolva tutti i problemi, di qualsiasi genere e dimensione. Bisogna invece porsi nella corretta prospettiva, rispettando l'identità della Caritas senza farla dipendere dall'eventuale rappresentante inadeguato né dall'emotività del momento. 
La caritas è anzitutto organismo pastorale, al servizio della crescita della Chiesa (cf.la primae la Carta pastorale, nn.17-25). Nasce dalla volontà di dare alla Chiesa coscienza e consapevolezza in ordine al Vangelo della carità; della Chiesa' intende esprimere una dimensione radicale, fondante: quella di comunità di fratelli amati dal Padre e a loro volta testimoni di tale amore non a parole ma attraverso segni, impegni e legami di solidarietà e condivisione, di giustizia e di pace nella prospettiva del regno di Dio. Per un organismo ecclesiale la carità è vita intima, dimensione strutturante prima ancora che opere praticate e realizzazioni da mostrare. Il parroco e i fedeli che assumono un compito di animazione pastorale sanno che prima di tutto tra di loro e verso gli altri credenti hanno il debito di volersi bene. 
Siamo tutti in cammino: ogni comunità è sempre in co struzione, ha costante bisogno di conversione e anche la di mensione della carità ha bisogno di essere continuamente evangelizzata; in questo senso va intesa la «prevalente funzione pedagogica» della Caritas (cf. Carta pastorale, nn. 28-32). Tale funzione è finalizzata all'acquisizione di consapevolezza sulla testimonianza della carità da parte di ciascun battezzato e della comunità nel suo insieme; consapevolezza non teorica, ma tra- dotta in vita vissuta con la disponibilità e il servizio, la prossimità e l'ospitalità, il dono di sé e dei propri beni, l'attenzione alle necessità del vicino di casa come ai grandi problemi del mondo, la passione per la pace e la giustizia. 
La funzione pedagogica e di conseguenza l'attenzione educativa sono valido antidoto contro le tentazioni attivistiche e il cosiddetto «delirio d'onnipotenza»: la Caritas deve in primo luogo porre dei segni di prossimità là dove maggiore è il bisogno e dove molti si disinteressano, in modo che lo stare dalla parte degli ultimi e degli emarginati sia condivisione effettiva prima che denuncia, e che la comunità si metta in discussione di fronte ai mali del territorio e del mondo. 
Coloro che si mettono a servizio della comunità attraverso la Caritas parrocchiale dovranno quindi possedere o acquisire lo stile e la mentalità degli animatori, diventare moltiplicatori di attenzione e impegni, coinvolgere sempre più la comunità e ciascuno dei suoi membri nell'accoglienza, nel servizio, nello spirito della gratuità. È la logica dell'educare facendo e facendo fare. All'obiezione che in certe parrocchie non ci sarebbe bisogno della Caritas perché non ci sono poveri, ci sono due risposte. La prima è che i poveri ci sono, basta aprire gli occhi e il cuore per scoprire: solitudine, disagio, bisogni non necessariamente materiali; e la seconda che la Caritas non ha il compito di occuparsi direttamente dei poveri, ma di cambiare il cuore della comunità perché ognuno senta come propri i problemi del territorio e del mondo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Caritas parrocchiale: compiti
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Passiamo a questo punto in rassegna i compiti che la Caritas parrocchiale è chiamata a svolgere, nella progressiva consapevolezza del suo ruolo pedagogico verso l'intera comu nità. 
1. Educazione alla testimonianza comunitaria della carità'  
La Caritas parrocchiale ha anzitutto il compito di aiutare l'intera comunità a mettere la carità al centro della testimo nianza cristiana, così che la comunità ne faccia esperienza con creta e quotidiana e impari a servire il 'suo Signore presente nei poveri, a seguire l' esempio di lui che, da ricco che era, si fece povero.In questo compito la Caritas deve aiutare a superare sia la mentalità assistenziale per aprirsi alla carità evangelica in ter mini di prossimità e condivisione, sia la tentazione della delega che spesso accompagna, magari involontariamente, le azioni caritative; occorre ribadire che soggetto di carità è la Chiesa tutta e progettare cammini educativi (cioè graduali, progressi vamente coinvolgenti) che attuano il passaggio dai gesti occa sionali alla scelta della condivisione, mentre cresce la consape volezza del valore evangelizzante del servizio e della liberazio ne dei poveri. 
2.  Sensibilizzazione, animazione e formazione 
La Caritas parrocchiale ha il compito di suscitare proposte intelligenti ed efficaci volte a favorire la comprensione e l'attivazione del collegamento vitale tra l'annuncio della Paro la, la celebrazione dei sacramenti e la testimonianza della cari tà; in altre parole si pone al servizio della crescita di una pasto rale unitaria e organica tra catechesi, liturgia e carità.Promuove, in collaborazione con i vari ambiti pastorali, percorsi formativi perché ogni componente della vita parroc chiale (catechisti, animatori della liturgia, operatori della pasto rale familiare, giovanile ecc.) esprima la carità secondo la pro pria specificità e le diverse necessità.Promuove il volontariato e lo sostiene affinché sempre si rinnovi, senza sclerotizzarsi né diventare funzionale alle istitu zioni, ma restando sempre attenzione profetica verso i membri più deboli della comunità e occasione per molti di farsi amici di ogni fratello e sorella, a partire da chi è più in difficoltà. 
3. Conoscenza delle povertà 
La Caritas parrocchiale, attenta alla vita della gente e radi cata in un territorio, ha il compito della conoscenza concreta, puntuale e coraggiosa delle condizioni di difficoltà e di bisogno esistenti all'interno della vita della comunità.